30x30 - 8. Ventidue marzo 1994
Far Beyond Driven dei Pantera e l'omaggio collettivo ai Black Sabbath Nativity in Black
Il 1994 è stato un anno memorabile per la musica di ogni genere: allora avevo sedici anni e ho avuto la fortuna di ascoltare, proprio quando uscivano, una serie di capolavori che hanno segnato la storia. Per voi ho selezionato 30 dischi che mi porto dentro da trent'anni: li ho scoperti da adolescente e non li ho più abbandonati. Io sono Francesco Locane e questo è 30x30: il mio 1994 in musica.
Con queste parole, alle 15.05 del 20 marzo 1994, Flavio Fusi del TG3 annuncia il duplice omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, di cui probabilmente non conosceremo mai i responsabili. Quel pomeriggio assisto all'ennesimo fatto straziante e oscuro della nostra storia, una settimana prima dell'ascesa al potere di Silvio Berlusconi. Insomma, anche se non avevo neppure sedici anni, c'era di che essere incazzati.
A metà tra ciò che era accaduto a Mogadiscio e le elezioni politiche, il 22 marzo 1994, esce un album che canalizza la mia rabbia: Far Beyond Driven dei Pantera. Il terzo lavoro con il cantante Phil Anselmo, settimo nella discografia della formazione metal statunitense, è “più che determinato”, per parafrasare il titolo, a superare in brutalità e violenza il precedente Vulgar Display of Power, a partire dalla copertina.
La prima idea del fotografo Dean Karr è quella di un trapano che penetra un ano, ma i fratelli Abbott, Rex Brown e Phil Anselmo si accordano per una versione limitata, con la trapanazione anale, e una ufficiale, dove a essere penetrata è una testa. Ed effettivamente il disco punta dritto al cranio dell'ascoltatore sin dalla prima traccia in scaletta, “Strength Beyond Strength”, dove le violente ritmiche hardcore di Vinnie Paul si alternano a inquietanti e melmosi rallentamenti che rimandano alle sonorità di New Orleans, città natale di Phil Anselmo.
Nell'incubo claustrofobico “25 Years”, uno dei momenti più duramente confessionali del disco, il frontman recita, più che cantare, uno spietato atto d'accusa nei confronti del padre violento e alcolizzato. Anselmo è sempre più sicuro di sé e lo afferma in “Becoming”, tra momenti distesi e improvvisi guizzi di nervi, e anche quando scolpiscono riff orecchiabili i Pantera sono micidiali, come accade in “5 Minutes Alone”, uno dei singoli estratti dal disco.
Il primo, uscito a metà marzo, è “I'm Broken”, un pezzo magistrale aperto da un riff secco e cattivo, tra i più memorabili della storia del metal. La traccia immortala una delle performance migliori di Phil Anselmo, che tuttavia in quel periodo è torturato da seri problemi ai dischi lombari, che lo perseguiteranno per anni, fisicamente e psicologicamente.
“I'm Broken" è un vero e proprio grido d'aiuto, ancestrale e magnetico, che si sviluppa su timbri blues e southern unendo idealmente il Tennessee, dove la band sta registrando, al natale Texas. E il quartetto, insieme al produttore Terry Date, torna proprio in Texas, ai Dallas Sound Lab, per ultimare l'album: tuttavia più che di sessioni di lavoro si tratta di un party senza fine, non solo a base di alcol e canne, ma anche di ecstasy, amata da Vinnie Paul, e antidolorifici, trangugiati da Anselmo. Una situazione al limite fotografata dall'inquietante e paranoica "Good Friends and a Bottle of Pills". Se le droghe sono al centro anche di "Hard Lines, Sunken Cheeks", "Slaughtered" è un attacco frontale, nuovamente di impronta hardcore che macella l'ipocrisia della religione (un topos del metal) tra urla, voci filtrate e sottotrame industrial.
La successiva "Shedding Skin", inquietante e morbosa, segna un cambio di passo, allentando le distorsioni e diradando un po' la cappa oppressiva che si è stratificata finora. Il cielo si fa plumbeo nuovamente con "Use My Third Arm", venato da malsane e spietate spirali chitarristiche death, ennesimo saggio della geniale versatilità di Dimebag Darrell. Il basso di Rex Brown, invece, è protagonista della penultima traccia in scaletta, "Throes of Rejection", punteggiato dall'affilato wah-wah della chitarra e da botta e risposta con rapide scariche di doppie casse. Anche in questo caso Anselmo alterna urla, recitato e cantato, lasciando poi spazio a una coda noise strumentale su cui si innestano gli arpeggi iniziali della cover dei Black Sabbath "Planet Caravan".
È la meritata ascesa psichedelica che chiude, dopo quasi un'ora di martellante oppressione, un album dai momenti impeccabili, ma talvolta castrato dall'ostinata ricerca della massima pesantezza possibile di suoni, strutture e performance, che rischia di dimenticarsi quanto anche i più tosti di tutti abbiano un cuore. La versione dei Pantera di "Planet Caravan" doveva comparire nel secondo disco di cui parliamo oggi, Nativity in Black, uscito il 4 ottobre del 1994.
Si tratta di un omaggio ai Black Sabbath in cui tantissimi dei miei idoli, dai Sepultura, ai Type O Negative, fino a Bruce Dickinson, affrontano i pezzi più noti di una delle mie band del cuore. I Pantera parteciparanno con la cover di "Electric Funeral" al secondo volume della raccolta, pubblicato nel 2000. Ma intanto godetevi la versione di "Paranoid" dei Megadeth e nel frattempo, se vi va, seguitemi qua e là sui social. Vi ricordo che la versione audio va in onda all’interno di Playground, la trasmissione di Elisa Graci su Radio Popolare, e che potete ascoltarla anche qua:
Grazie, il prossimo appuntamento con 30x30 è per l’8 aprile 1994. Pardon, 2024.